sabato 5 aprile 2014

Quando un racconto ti colpisce?

Ovvero, qual è la differenza tra un racconto epico ed uno che ti fa dire al massimo "ah, si... carino"?
Questa è stata la discussione di una sera di tempo fa al pub; si parlava del finale di twilight (sic.) e lo mettevamo a confronto con altri racconti.
Il mio punto di vista: Twilight è un racconto per ragazzini, privo di mordente e con un finale annacquato.
[Attenzione SPOILER]
Soprattutto finale annacquato: perché tutta quell'azione, quella lotta, quelle morti eccellenti, non era altro che una pippa mentale e quindi farmi concludere che il film è stato una delusione.
Si, perché il confine tra epica e raccontino carino è sottile ma molto importante: nell'epica qualcuno muore.
È proprio la morte che innalza il livello di un racconto.
Se prestiamo attenzione, cosa sarebbe di Guerre Stellari se Darth Vader alla fine restasse in vita per magari andare a pesca nei week end col figlio Luke? Oppure Orlando restasse in vita al termine dell'agguato a Roncisvalle per fare il figo con Carlo Magno? Immaginatevi la scena: Romeo e Giulietta, anziché suicidarsi per amore, scappano e vanno a vivere in un'altra città sotto mentite spoglie. E chi si sarebbe mai ricordato di loro due?
Dobbiamo ammetterlo, è la morte che nobilita un racconto, senza di essa ogni vicenda sa di ingenuo e non ne proviamo interesse.
Attenzione, non è morbosità, non è ricerca di un tabù, è una cosa inconscia, probabilmente esiste nella nostra mente un qualche background ancestrale che ci emoziona quando in un racconto muore qualcuno, forse perché quando ancora vivevamo nelle caverne e la sera si tornava in comunità e ci si raccontava le storie dei cacciatori di generazioni passate, c'era sempre qualcuno che moriva; e così per millenni il nostro cervello ha imparato ad emozionarsi quando ascolta una storia in cui uno dei protagonisti muore.

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