domenica 12 maggio 2013

Mamme

Auguri a tutte le mamme, passate, presenti e future!
Si, future: non vedo l'ora che tu lo sia.
Sarai splendida, sarete splendidi, saremo splendidi!
Ti amo

giovedì 9 maggio 2013

Soli aut sanguinis

Ovvero, cosa fa di me un italiano.
Io scrivo, parlo, ragiono da italiano. Ne ho assorbito la cultura, per tutti i 34 anni della mia vita, e sono protetto dalle Leggi di questo Stato.
E ne vado fiero.
Ma cosa fa di me ciò che sono?
E' il fatto che i miei genitori lo sono altrettanto, o piuttosto che sono nato e cresciuto in questo territorio e ne ho assorbito lingua, usi e costumi?
Non sono discorsi filosofici fini a se stessi, perché nella globalizzazione in cui viviamo è sempre importante tenere a mente da dove veniamo, chi siamo e soprattutto perché siamo così!
Cos'è più importante? L'Individuo, unico e con proprie peculiarità, o una Comunità, insieme di Individui ma omologati dentro concetti prestabiliti?
Il mio pensiero è che sia l'Individuo ad essere più importante, che la lingua che parla, con cui scrive e la cultura di cui si è imbevuto durante tutti gli anni della sua crescita lo abbiano fatto diventare quello che è, italiano nel nostro caso.
Poco mi importa se le tradizioni della sua famiglia, la cultura pregressa della sua Comunità, appartengano ad un'altra nazione o continente: anche io, da siciliano, ho cultura e tradizione diverse dal mio amico romano o milanese, ma da quando sono venuto al mondo ho a mia volta cominciato un percorso personale di cultura e tradizioni, in cui mescolo quelle dei miei genitori con quelle con cui vivo.
Quindi, cosa fa di me un italiano?
A mio parere il luogo in cui ho vissuto e sono cresciuto, in cui mi sono formato culturalmente, oltre che linguisticamente. E non il mero fatto che i miei genitori mi abbiano ereditato una italianità genetica.
A chi paventa un esercito di puerpere disposte a fare viaggi della speranza su dei barconi sospinti dallo scirocco pur di vedere il proprio figlio nascere da italiano: finora ho sempre parlato di "percorso culturale" e "vivere e crescere". Il bambino nato qui, a mio parere, non è automaticamente italiano (se i genitori non lo sono già) ma lo diventa dopo aver vissuto diversi anni qui (non saprei dire quanti, non faccio il sociologo e nemmeno il legislatore), in alcuni Paesi europei 18, altri meno.
Ma il punto è che questa Terra non è mia perché ci abito, ma perché faccio qualcosa per essa. E chiunque arrivi qui per starci e per migliorarla allora ha lo stesso mio diritto di chiamarsi italiano, sia egli di origine cinese, africana o mediorientale.