lunedì 31 marzo 2014

3D

L'altra sera sono andato al cinema a vedere l'ennesimo film proposto in versione 3D.
Premesso che già il fatto che in città non ci sia un cinema che ti faccia scegliere se vederlo in maniera tradizionale o in 3D, mi fa un po' girare le scatole, ma vabbeh, la città è piccola e scegliere è un lusso che in tempo di crisi non ci possiamo permettere.
Ad ogni modo, è già da qualche anno che, soprattutto i film d'azione, vengono proposti in versione 3D, che sulla carta è una figata mostruosa.
Ahimè la realtà è ben diversa: il film il più delle volte è proposto semplicemente con una profondità di campo maggiore che nella versione normale, niente di eccezionale, insomma. Inoltre non aggiunge niente alla trama, non mostra niente di più che se fosse distribuito in 2D.
Non sono un tipo che va contro le nuove tecnologie, tutt'altro! Ma uno il 3D se lo immagina come se ti trovassi immerso nell'azione, nella scena, nella storia! Pretendo troppo? Forse, ma allora che senso ha farmi indossare degli occhialini, che il più delle volte mi fanno venire il mal di testa, se non ricevo degli stimoli visivi maggiori? C'era sto supereroe (era Cap. America) che lanciava lo scudo a mo' di flipper, ed io stavo li che lo vedevo rimbalzare: pensa che spettacolo se, grazie al 3D, avessi avuto l'impressione di trovarmelo lanciato addosso! Ed invece nulla...
Film bello, ma a che serve il 3D se non ti fa aumentare la sensazione di esserci stato li in mezzo?

domenica 30 marzo 2014

Sveglia

Ore 7:15
Suona la sveglia.
Controllare il cellulare. Mandare sms di buongiorno. Andare in bagno. Entrare in cucina. Salutare i genitori. Fare colazione.
Rendersi conto di cosa si è appena sognato. Ice ancora non ha ben realizzato, si è svegliato ma non capisce se è un sogno quello che sta vivendo o ha appena smesso di sognare.
Realizza che l'angoscia che si porta dietro e che lo ha fatto svegliare di malumore è per via di una brutta nottata, passata nell'angoscia di un brutto sogno.
Piano piano capisce che ha ancora un negozio, non ci sono le bombe, e quella è la solita routine di un Paese tranquillo.
Ma volge lo sguardo verso la tv accesa e presta attenzione a ciò che dice il telegiornale:
"Crimea, oggi è un brutto giorno per il mondo. Scaduto l'ultimatum dell'ONU nei confronti della Russia, sono partiti i primi razzi offensivi verso quel territorio occupato illegalmente. Gli USA e tutta l'Unione Europea si schiera al fianco dell'Ucraina in quella che sembra essere un'escalation verso la III Guerra mondiale"
Ad Ice passa la fame. Ma pensa che andrà a svuotare il negozio e mettere al sicuro la merce.
Ma prima c'è una cosa ancora più importante da fare.
-"Pronto, Pearl?"
-"Si tesoro? che c'è? hai una voce...."
-"Già, poi ti spiego... volevo dirti che ti amo.... e che dobbiamo andare in chiesa a parlare col prete"

FINE

sabato 29 marzo 2014

Finché morte non vi separi

Era un tardo pomeriggio di quel caldo autunno quando attraverso la rete clandestina si cominciò a spargere la voce di un imminente e massiccio attacco proprio nei pressi di quel quasi dimenticato angolo di Pianeta dove vivevano Ice e Pearl.
Perché attaccare proprio li? Cosa aveva di speciale? La notte prima si erano uditi forte e incessanti le eliche di una flotta di aerei che cercavano riparo in ciò che restava di quel piccolo aeroporto della NATO.
Cosa o chi trasportavano di così tanto importante quegli aerei? Tanto da scatenare l'apocalisse proprio li? Era inutile saperlo adesso, l'avrebbero scoperto dopo, se fossero sopravvissuti.
Sopravvivere.
Ora più che mai.
Ma c'è una cosa che Ice voleva principalmente, prima che fosse troppo tardi: voleva sposarla.
Come può passargli per la testa una cosa del genere proprio nel momento della fuga? Era la cosa più importante di tutte in quel momento: se non ci fosse stato un domani, doveva almeno, nella loro storia, esserci almeno un oggi. Uno soltanto.
Ice prende Pearl per mano e corre verso la chiesa, lei ancora non sa delle terribili notizie in arrivo, ma non c'è bisogno di sentirle per capire cosa significasse quel viavai di persone, quell'affannarsi nel caricare di provviste qualunque mezzo di trasporto per andare verso le campagne, al sicuro. Forse.
Bussano alla porta, l'anziano prete li sente e va ad aprire. Lui non sta scappando, lui rimarrà li per confortare chi non ha modo di scappare.
La porta si apre, il prete li riconosce subito, li ha visti crescere, sa chi sono e cosa sono venuti a fare, almeno è quello che crede. Pensa infatti che siano li per convincerli ad evacuare, per dirgli che la via del martirio ancora non è giunta.
Ice lo ferma quasi subito, e gli dice che sono li perché vogliono essere sposati. Pearl quasi sbianca, non aveva capito, pensava anzi che quel pensiero ormai non frequentava più la mente del suo uomo. Se n'era pure fatta una ragione: non sarebbe mai potuto essere il matrimonio dei sogni di quando era bambina, gli abiti bianchi erano spariti da un pezzo, e non sarebbe stato un vero "matrimonio", visto che le condizioni di vita sarebbero state le stesse.
Non capiva perché Ice facesse quella richiesta al prete, ma appena sentì dalla sua bocca quel desiderio di matrimonio del suo uomo rivolto al prete, si sentì come non si sentiva da tempo: viva, amata di un amore puro e straordinario. E non avevano più importanza gli abiti bianchi, le difficoltà abitative, e l'incognita che quella notte portava con se assieme alle bombe.
Era felice! Ed Ice si sentì pieno d'orgoglio per essere riuscito a rendere felice l'unica sua ragione di vita, anche in quel momento così drammatico.
Tutto fu molto veloce, non avevano molto tempo a disposizione.
Espressero i voti, si scambiarono i vecchi anelli di fidanzamento, vennero benedetti da quel prete così coraggioso. Testimone quel crocifisso che Ice vedeva fin da quando andava all'asilo.
Uscirono dalla chiesa che si udivano arrivare cupi i primi aerei ed in lontananza rumori sordi, come tuoni, ma di morte.
Niente campane a festa per loro.
Ma nei loro cuori riuscivano a sentirle quelle campane.
[continua...]

venerdì 28 marzo 2014

Vita

Le giornate passavano tutte uguali, tra l'access point, la grande mensa in palestra e i riti domenicali.
Si, i riti domenicali. Perché in un mondo senza futuro almeno ti aggrappi alla Fede in uno migliore.
Fede. Ice non frequentava più la Chiesa, finché non conobbe Pearl. Fu lei a riportarlo alla luce, a ridargli un cuore. Lui aveva smarrito tutto ciò commettendo stupidi errori e non perdonandosi. Trovò il perdono e la comprensione grazie a Pearl.
L'access point non era un bunker; certo, le saracinesche stavano sempre abbassate e si entrava da una porta laterale, ma non si respirava tensione li dentro. C'erano meno di una decina di computer collegati ad un server, niente di speciale, ma era sufficiente per capire cosa stava accadendo nel mondo, dove si era spostata la guerra, sempre se quell'accozzaglia di mini eserciti acefali che si azzuffavano tra di loro potevano dirsi "guerra". O almeno quella era la percezione, per chi aveva accesso a notizie provenienti da posti lontani.
Il Governo Provvisorio d'Emergenza controllava l'informazione e non gradiva che venisse sminuita in quel modo la Grande Guerra d'Asia. Anzi, preferiva tenere tutti nel terrore di possibili attacchi nemici per poter gestire meglio la situazione.
Ma Ice non era un partigiano, non andava la notte a sabotare le camionette della Polizia Governativa, lui voleva solo sopravvivere a tutto ciò. Gestiva l'access point perché il caso lo ha voluto, e preferiva tenere sotto controllo lui la situazione piuttosto che affidarla a qualcun altro che magari avrebbe mandato tutto allo sbaraglio per degli ideali fuori moda.
Quello ormai era diventato l'imperativo di tutta quella piccola comunità.
Sopravvivere.
[continua...]

giovedì 27 marzo 2014

E venne il giorno

Non si sa come tutto ebbe inizio, chi sparò per primo, chi contrattaccò più pesantemente. Con buona pace per la "distruzione mutua assistita".
La distruzione mutua assistita in fondo è sempre stata una stronzata: se 2 persone, ugualmente veloci, si affrontano con una pistola, non si sparano perché sanno che non avranno il tempo di scansarsi. Se la pistola cominciano ad averla in tanti, prima o poi trovi l'idiota che spara pur sapendo di andare incontro a morte certa.
Le notizie erano confuse, di parte, controllate e centellinate per non causare il panico nella popolazione.
Ma era tardi ormai, c'era Internet, c'erano i social network, e puoi mettere tutti i filtri che vuoi, ma le notizie si propagano ugualmente.
I supermercati erano stati ormai saccheggiati da giorni, si viveva come topi in gabbia, nelle piccole città o nelle campagne, nella speranza di non essere ulteriormente colpiti.
Il punto dove c'era l'attività di Ice, che aveva sgombrato preventivamente appena sentito puzza di saccheggi, stranamente non era stato tagliato fuori dalle linee telefoniche. Era diventato una specie di access point per le informazioni provenienti dal resto del globo. Ce n'erano altri in città, ma il suo era in periferia, lontano da porti, aeroporti e vicino la campagna: se si doveva scappare immediatamente era il posto migliore.
Certe volte Ice pensava che la vita era strana, alla fine del millennio passato pensava di aprire un Internet Point, ora ne gestiva uno clandestino. E quando pensava ciò, si ripeteva "sta attento a quello che desideri, perché potrebbe avverarsi".
Pearl aveva smesso di lavorare là. Non c'era più un "là".
Sfruttava la sua esperienza nel prestare servizio ai meno fortunati, facendo volontariato presso la vicina chiesa. Erano giorni brutti e duri per tutti, ma ci si dava da fare per renderli almeno dignitosi.
Chiunque sapesse fare qualcosa dava una mano, nel suo campo. Chiunque aveva qualcosa la condivideva, la moneta corrente era diventata la disponibilità nel fare qualcosa per qualcuno. Era una strana forma di baratto, ma in quel momento sembrava naturale fare così.
Pearl viveva con i suoi genitori in quello che doveva essere l'appartamento in cui vivere in futuro con Ice. Ma il destino aveva deciso diversamente. Dopo i primi raid nelle zone costiere, non era più sicuro il palazzo dove prima stavano: troppo vicino ad una via affollata, privo di forniture idriche regolari.
Ice invece si era stabilito nell'access point: non era sicuro lasciarlo sguarnito, c'era sempre il rischio di saccheggi, e poi poteva sempre arrivare qualche buona notizia. O per lo meno, questo era quello che andava ripetendo per dare conforto a chi aveva perso tutto.
[continua...]

mercoledì 26 marzo 2014

Come foglie in autunno

Qualche anno prima.
Quando ancora nulla si presagiva del disastro imminente. Quando avevamo metabolizzato il disastro passato.
Due ragazzi si incontrano, hanno passati diversi, sono diversi. Ma qualcosa li unisce, non si sa cosa, ma si trovano bene assieme. Limano i difetti, trovano i punti in comune, stanno assieme. Si amano.
Piano piano scoprono pure che non hanno mai amato così tanto ed i mille difetti di lui, come i mille difetti di lei, non sono ostacoli al loro amore.
Ma non è l'Eden, il mondo in cui vivono è stato impostato male dalla generazione che li ha preceduti. Una generazione che ha preferito divorare il Pianeta, rovinare ciò che di bello aveva, sfruttarlo fino ad esasperarlo. E questo è il male minore, perché quella generazione ha pure esaurito il credito della precedente: ha preferito cullarsi nel benessere anziché crearne di nuovo per la prossima che sarebbe venuta, per i propri figli.
La generazione che l'ha preceduta aveva trovato il suo culmine nella conquista dello spazio, bruciando qualunque tappa. Era uscita da una guerra mondiale forte e piena di iniziative per costruire un mondo migliore. Ma ha creato figli stolti che hanno preferito incassare e sperperare, piuttosto che investire per i propri figli.
Quindi adesso il Pianeta non è un bel posto per creare sogni, speranze o futuri. O almeno l'angolo di Pianeta in cui vivono Pearl ed Ice.
Loro ci provano, ma provare non basta. Anche perché il continuo fallimento delle loro aspettative, li demoralizza, li chiude, li fa smettere di sognare. E li fa volare bassi, molto bassi. Troppo bassi, perché l'amore per nutrirsi ha bisogno delle vette, e quest'angolo di Pianeta non ha nemmeno le colline.
Lui ha un'attività, aperta da poco ma che non riesce a decollare, ci prova in tutti i modi ma in questo mondo arido le idee scarseggiano e per ogni iniziativa c'è bisogno di un investimento di tempo e denaro che non c'è. Lei è impiegata, presso privati, sottopagata, sfruttata, spesso neanche le viene riconosciuto l'ottimo lavoro che fa, ma continua a farlo perché è l'unica cosa che forse la soddisfi veramente; potrebbe mettersi in proprio, ma è cresciuta in un mondo che non le permette di sognare o sperare, anzi, le uniche esperienze dirette che ha sono di fallimenti e non vuole vivere quell'esperienza.
Pearl ed Ice si amano, ma non riescono a far fare il salto di qualità alla loro unione, e questa cosa li logora, li sfinisce.
Si sentono come foglie attaccate ad un albero in autunno.
[continua...]


Tsunami

Nell'immaginario collettivo della mia generazione, influenzato dagli anime, i cartoni animati, lo tsunami è un'onda gigantesca, 70/80 metri, tanto da coprire i grattacieli.
La realtà è diversa, lo tsunami è come un enorme fiume in piena, grosso, smisurato, con una corrente tanto potente da trascinare case e foreste.


E' terribile trovarsi li in mezzo, è morte quasi certa.
Al termine del passaggio, quando ormai non c'è più nulla da devastare, rimangono i resti di ciò che fu costruito con tanta pazienza ed energia.
A questo punto si hanno 2 scelte, o si fanno i bagagli e ci si sposta da un'altra parte, oppure si ricostruisce. Dipende da quanto tenevi a ciò che è stato spazzato via.
Io ci tengo. E ricostruisco.




martedì 25 marzo 2014

Incipit

C'è stato un tempo in cui eravamo felici, o pensavamo di esserlo. Un tempo in cui si sognava, si sperava, si costruiva. Stava iniziando un nuovo millennio e, catastrofismi a parte, c'era fiducia in un mondo migliore.
Internet si stava ampliando, i cellulari stavano diventando sempre più "smart", le nuove invenzioni e i prototipi ci facevano toccare con mano ciò che prima era visibile solo attraverso i film, con i classici trucchi dei maestri degli effetti speciali. Ci credevamo, in realtà ci crediamo ancora adesso, ma vediamo e viviamo tutto in modo diverso.
Perché accadde l'impensabile, accadde ciò che i maestri degli effetti speciali ci facevano vedere con i loro trucchi. Ma non era un trucco. Era reale, era brutto. Puzzava di fumo, di sangue e di morte, anche se ti trovavi dall'altra sponda dell'Atlantico, in un altro continente, in un altro mondo. Accadde che 2 aerei si schiantano in diretta tv, miliardi di persone collegate all'unisono, contro il simbolo di una Nazione amica, piena di difetti, ma pur sempre amica, quasi una parente. Accadde che in quel preciso istante, oltre ad esplodere 2 aerei, oltre a crollare 2 grattacieli e tirarsi dietro gli edifici affianco, oltre al panico che da una città si trasmise ad una nazione e poi ad un emisfero ed infine in tutto il mondo, accadde che insieme alle Torri Gemelle si frantumarono i nostri sogni di fine millennio, le nostre speranze, le nostre felicità, ciò che stavamo lentamente costruendo.
Ci sono momenti "generazionali", momenti a cui una generazione assiste e che protrarrà nella Storia. Sono i momenti del "dove ti trovavi mentre...": nell'ultimo secolo abbiamo assistito a diversi di questi momenti. "Dove ti trovavi mentre assassinavano Kennedy", "...mentre Armstrong metteva piede sulla luna", "...mentre Badoglio firmava l'armistizio", "...mentre 2 aerei distruggevano il tuo futuro?".
Dove mi trovavo? Ero al pc, erano passate da poco le 3 del pomeriggio, ancora non esistevano i social network, i più avanzati di noi frequentavano newsgroup e chatroom. Mi chiama un amico, dicendomi di accendere la tv. Lo faccio e poco dopo arriva pure la chiamata di mia zia che mi chiede se sia tutto vero quello a cui stavamo assistendo. Purtroppo si.
Quando ti distruggono un sogno, una promessa, il più delle volte non te ne rendi conto, lo realizzi solo dopo, in questo caso, molto dopo.
Da quel maledetto giorno il mondo cambiò, si incattivì. Cominciarono a dirci che il nemico poteva essere ovunque; pieni di paranoie, abbiamo smesso di guardare al futuro con speranza, ma cominciammo ad avere paura. Dalla semplice e naturale paura di volare, alla paura di prendere un treno, un bus, di trovarci in una grande città. Paura di investire in qualcosa perché, quando hai paura dell'irrazionale allora smetti di guardare al futuro ma vivi solo il presente.
Ma il presente è solo un attimo, vola via, è futile se non lo prepari, e per prepararlo devi saper guardare al futuro. Abbiamo smesso di farlo, ed adesso, a più di 10 anni di distanza, non sappiamo più farlo. Ci sono generazioni intere che non sanno nemmeno come si fa.
Ed adesso, che la paura del diverso, del mediorientale, sembra allentarsi, ecco che ce ne vogliono preparare un'altra ancora più terribile. La guerra.
Sembra che giochino a risiko, sposto i miei carri armati di qua, le truppe di la, chiedo aiuto a Tizio, l'avversario minaccia Tizio di tagliargli l'energia, Tizio chiede un parere a Caio, che minaccia. Come se le minacce possano spaventare qualcuno che è grande e grosso come te. Sanno solo di bluff, perché conoscono il concetto di "distruzione mutua assicurata".
In questo mondo, come possono 2 persone, 2 giovani pensare al futuro?
[continua...]